TEATRO ELISEO
28 gennaio | 9 FEBBRAIO 2014 Antonio e Cleopatra di William Shakespeare nella traduzione di Gianni Garrera e l’adattamento e la regia di Luca De Fusco che vede in scena nei ruoli dei due protagonisti del titolo Luca Lazzareschi e Gaia Aprea Uno spettacolo di forte impatto visivo che incrocia teatro, cinema e musica dove padrona della scena è soprattutto la parola Luca Lazzareschi Marco Antonio Gaia Aprea Cleopatra Stefano Ferraro Agrippa Serena Marziale Carmiana Paolo Cresta Demetrio Giacinto Palmarini Cesare Ottaviano Alfonso Postiglione Messaggero e Contadino Federica Sandrini Iras e Ottavia Gabriele Saurio Mecenate Paolo Serra Enobarbo e Mardiano Enzo Turrin Eros e Lepido e con la partecipazione in video di Eros Pagni Indovino Si ringrazia il Teatro di San Carlo per la partecipazione in video del Corpo di ballo Approda a Roma – in scena al Teatro Eliseo da martedì 28 gennaio fino a domenica 9 febbraio – lo spettacolo Antonio e Cleopatra, di William Shakespeare, nella nuova traduzione di Gianni Garrera, con la regia e l’adattamento di Luca De Fusco, prodotto da Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia, Arena del Sole | Nuova Scena -Teatro Stabile di Bologna. Protagonisti dello spettacolo, nei ruoli dei due personaggi del titolo, Luca Lazzareschi e Gaia Aprea, accompagnati negli altri ruoli della tragedia da Paolo Cresta, Stefano Ferraro, Serena Marziale, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Federica Sandrini, Gabriele Saurio, Paolo Serra, Enzo Turrin, con la partecipazione in video di Eros Pagni. Le scene sono di Maurizio Balò, i costumi di Zaira de Vincentiis, il disegno luci di Gigi Saccomandi, le musiche originali di Ran Bagno, il suono di Hubert Westkemper, le coreografie di Alessandra Panzavolta. Presentato con successo al Napoli Teatro Festival Italia dello scorso giugno, Antonio e Cleopatra del regista Luca De Fusco continua e approfondisce la linea del predente Antigone di Valeria Parrella, con una messa in scena essenziale, asciutta, dove l’incrocio tra teatro, cinema e musica gioca ad esaltare la potenza della parola. «Con questo spettacolo – dichiara Luca De Fusco – proseguo un lavoro già avviato con Vestire gli ignudi nel 2010 e con Antigone nel 2012 che persegue un intenso uso della commistione teatro/video e che punta ad un radicale rifiuto del naturalismo. Credo che il teatro non sia più competitivo con il cinema e la tv nel realismo mimetico. E che quindi non abbia più senso condurre regie basate su porte che si aprono e si chiudono, attori che si muovono sulla scena come nella vita, o, nel caso in questione, addirittura di navi che compaiono in scena come in un kolossal. Credo che attraverso l'uso combinato di immagine video e grande presenza della musica (anche quest'anno dovuta al talento originale di Ran Bagno) si possa realizzare un teatro molto moderno che in realtà si richiama alle origini del teatro, in cui gli attori non si muovevano naturalisticamente, ma "dicevano" il testo, accompagnati dalla musica. Dopo aver realizzato questo stile già in Antigone ho voluto intraprendere la sfida di tentare di mettere in scena in questo modo un copione ritenuto ai limiti dell'irrappresentabile come Antonio e Cleopatra. D'altra parte tentare di mettere in scena questo capolavoro assoluto, metafora del rapporto tra Oriente e Occidente, del contrasto tra vita privata e pubblica, senza mostrare né navi, né regge ma solo basandosi sulla parola shakespeariana, mai come in questo caso grande ed iperbolica e quindi non bisognosa di nessun altro segno esteriore, vuol dire in fondo tornare a Shakespeare che immaginava realizzazioni sceniche sobrie e suggestive per le proprie opere. Questa grande scommessa, che, a giudicare dalle reazioni di pubblico e critica alle due rappresentazioni estive al Napoli Teatro Festival, sembra vinta, è stata possibile solo grazie al grande talento, alla grande disciplina, alla formidabile concentrazione dei miei attori, che ringrazio tutti. Credo che sia coloro che ameranno il nostro particolare stile sia coloro che dissentiranno dovranno comunque riconoscerci il merito di aver ridato vita ad un testo poco rappresentato e che contiene invece alcune pagine, e alcuni personaggi, tra i più complessi, contraddittori, affascinanti, della storia del teatro». Così la stampa sullo spettacolo ? l’Antonio e Cleopatra al Teatro Mercadante, firmato da Luca De Fusco a riportare l’attenzione sul tumultuoso grumo sentimentale delle tragedie shakespeariane. L’infida regina d’Egitto, interpretata da una leonina Gaia Aprea, e l’orgoglioso Antonio, impersonato da un vigoroso Luca Lazzareschi, vivono la loro passione scellerata in un mondo sospeso nel buio, perché buio è il destino che li ha condannati. I loro corpi pendono vita in un inquietante regno dei morti, per ripetere ancora una volta una vicenda già avvenuta in un tempo indefinito e ormai concluso. Non personaggi in carne e ossa, ma replicanti che emergono dall’oltretomba per raccontare la storia d’amore tra una donna e un uomo dalle culture ed etnie tanto distanti e incompatibili, quanto inesorabilmente attratte l’una verso l’altra. (Emilia Costantini, Il corriere della sera, 15 giugno 2013) Da qualche anno a questa parte un intellettuale della scena di raffinate predilezioni cosmopolite come Luca De Fusco ci propone sul palco un’inattesa folgorante commistione di due diversi dispositivi visivi. Quelli che hanno contribuito alla grandezza del teatro di poesia da un lato e della magnifica dilatazione prospettica del cinema dall’altro. […] Il regista, in un’audace contaminazione stilistica che ha del prodigioso, colloca su un nero fondale da romantico cielo notturno i suoi attori dilatandone alla ribalta la prospettiva, per promuoverne, attraverso i Primi Piani del volto e la fedele dilatazione dei corpi un’accurata sintesi risolutiva. […] Su un tramonto di stelle fisse che forano la notte dei tempi, si accampano le splendide immagini degli eroi come la radiografia impietosa delle vittime. Con la raffinata e malinconica regina di Gaia Aprea che tra mezzi singulti e paradossali scoppi di ilarità annuncianti il suo tragico destino giustamente contrasta il virile disincanto e la classica compostezza di un grande attore come Luca Lazzareschi. Mentre, come scaturito da un’atavica memoria che non lascia né requie né respiro, tra i due si accampa il bronzeo formalismo di un’immagine fissa l’Ottaviano di Giacinto Palmarini. Accennato all’inizio dalla dizione esemplare di Paolo Serra. (Enrico Groppali, il Giornale, 22 luglio 2013) L’allestimento di Luca De Fusco ripropone una strategia scenica già sperimentata con Antigone: il suggestivo confronto tra gli attori scontornati nel buio e un sapiente montaggio dei loro primi piani ingranditi sul telo trasparente che domina tutto il boccascena. I mirabili costumi disegnati in bianco e nero da Zaira de Vincentiis definiscono i personaggi come frammenti di un antico bassorilievo, animato dalle musiche del compositore israeliano Ran Bagno che assecondano gli interpreti in un effetto di recitazione cantata. Gaia Aprea sottrae Cleopatra al suo stereotipo hollywoodiano e la consegna alla struggente consapevolezza del suo fatale declino. Luca Lazzareschi è un Antonio di introversa e possente emozione. (Pietro Favari, Il Foglio, 21 giugno 2013) Non ci sono navi, né eserciti, né palazzi in scena, ma solo luci, ombre, proiezioni che si sovrappongono o si alternano generando un effetto scenico di impatto, frutto dell’intesa fra lo scenografo Maurizio Balò e il light designer Gigi Saccomandi (e la costumista Zaira de Vincentiis). Una messa in scena essenziale e minimalista, dunque, che si concentra sulla parola (traduzione di Gianni Garrera) pronunciata da statue parlanti sospese, anche se il testo che De Fusco ha scelto di rappresentare è un’opera complessa. (Francesca De Sanctis, l’Unità, 14 giugno 2013) Luca De Fusco […] propone una lettura scabra, asciutta, essenziale, tutta giocata su un fascinoso bianco e nero che ricorda famose pellicole americane anni Trenta. Tutto basato su forti contrasti di luce e ombre e sull’apporto prezioso dello scenografo Maurizio Balò e più ancora sul light designer Gigi Saccomandi. Visione realizzata con bella intelligenza creativa tra piano reale e piano virtuale. E ottimo cast, in testa Gaia Aprea che viene fuori all’istanza e soprattutto brava nella sua allucinata sfida finale alla morte. E possente, dotato di mezzi vocali straordinari, l’Antonio di Luca Lazzareschi, attualmente il nostro più bravo attore scespiriano. (Domenico Rigotti, Avvenire, 11 giugno 2013) In una scena contemporanea, in cui è evidente l’idea di un teatro di regia più che di autore, la forte cifra identitaria raggiunta da De Fusco diventa il vero punto di partenza per una riflessione sullo spettacolo. In cui il regista napoletano porta a piena maturità l’antica utopia wagneriana sull’opera d’arte totale. Prosa, cinema, musica, danza, tutto in questo Antonio e Cleopatra è miscelato con sapienza formale ed emotiva, a partire da un’idea forza, quella dell’immortale mortalità dei protagonisti, non a caso restituiti, grazie agli straordinari costumi di Zaira de Vincentiis, come statue narranti la propria disfatta, fisica e morale. I personaggi, infatti, e segnatamente la Cleopatra di Gaia Aprea , l’Antonio di Luca Lazzareschi e l’Ottaviano di Giacinto Palmarini, si muovono come in un limbo livido chiuso da una tela trasparente su cui proiettare i primi piani d alcune scene o il groviglio di corpi neutri in battaglia. (Stefano de Stefano, Corriere del Mezzogiorno, 12 giugno 2013) Luca Lazzareschi affronta Antonio evocando assieme, perché no, Carmelo Bene (per certe allucinate e folli digressioni evidenziate dai primi piani video) e l’eleganza di un giovane Vittorio Gassman. Cleopatra è Gaia Aprea, attrice di notevole qualità: qui la sua naturale bellezza dà alla regina d’Egitto forme sinuose e seduttive, che si impastano con la voce roca, strozzata, a tratti animale per un personaggio estremamente ambiguo, imprendibile, indecifrabile. (Andrea Porcheddu, Linkiesta, 11 giugno 2013) durata spettacolo: 2 ore e 20' + intervallo TEATRO ELISEO www.teatroeliseo.it |
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